L’essere umano secondo il modello yogico dei Kosha
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L’essere umano secondo il modello yogico dei Kosha

Recentemente ho chiesto ad alcune delle mie studenti quali sono le ragioni che le hanno portate allo Yoga e quali benefici ne hanno ricevuto.

La ragione principale che ha portato molte delle mie studenti a iniziare un percorso yogico è lo stress e conseguentemente la ricerca di tecniche di rilassamento, ma anche il desiderio di riunire la mente con il corpo. Tra i benefici, a parte il rilassamento, e un senso di maggiore benessere fisico, molte delle mie studenti hanno riportato anche un miglioramento nella sfera psichica. 

Ovviamente per me non è una sorpresa che l’utilizzo di una pratica fisica (quali sono le asane), coniugata ad alcune tecniche di respirazione e di rilassamento, abbia avuto un effetto anche sul lato emotivo, mentale e psichico in generale. Questi risultati sono perfettamente in linea con la visione yogica dell’essere umano. 

Nella letteratura sacra a cui lo Yoga si rifà, quali ad esempio i Veda e in particolare gli Upanishads, l’essere umano viene descritto come un essere multidimensionale, dove la dimensione fisica è solo una delle dimensioni che lo compongono.

Il modello che descrive questo aspetto è quello dei cosiddetti Pancha Maya Kosha. I kosha , guaine (sheaths in inglese), o alternativamente involucri o gusci, sono descritti essere contenuti uno dentro l’altro, quasi come le bambole russe.

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Embodiment e Giustizia sociale (secondo BO FORBES)
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Embodiment e Giustizia sociale (secondo BO FORBES)

Ieri sera ho ascoltato uno dei talks del summit “Embodied social justice”, organizzato da Embodied Yoga, una piattaforma online, che offre corsi e classi di Yoga ed altre forme di embodiment. 

La persona invitata a parlare era la psicologa Bo Forbes, esperta di Yoga, mindfulness ed embodiment, nonché una delle insegnanti che seguo da lungo tempo. Bo Forbes è particolarmente interessata agli effetti sul corpo da parte del sistema sociale in cui viviamo. 

La sua analisi è particolarmente interessante e vorrei buttare giù qui i punti principali, per assorbire meglio i concetti espressi e per condividere con voi le sue interessantissime osservazioni.

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Embodied o disembodied?
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Embodied o disembodied?

Prima di iniziare una pratica Yoga con i miei studenti, facciamo quello che chiamo Embodied Check-in (ispirato agli insegnamenti della psicologa Bo Forbes).

L’ embodied check-in inizia quasi sempre con la domanda seguente: sono presente nel mio corpo? se sì, quanto sono presente nel mio corpo? e di solito aggiungo, che la domanda potrebbe non avere senso o non avere una risposta, e che è più importante continuare a porsi la domanda piuttosto che darsi una risposta. A forza di porsi la domanda, la risposta finalmente emerge dal nostro corpo.

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Breve storia della mia ansia e del mio percorso di guarigione (in corso)
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Breve storia della mia ansia e del mio percorso di guarigione (in corso)

Nella mia vita non sono mai stata una persona ansiosa. 

Mi ricordo che quando mia madre si preoccupava per qualcosa di drammatico che sarebbe potuto accadere, le dicevo sempre di non preoccuparsi, fino a che l’evento non fosse davvero successo, ossia di “non fasciarsi la testa, prima di rompersela”. 

Quindi, quando all’età di circa 37 anni, mi è stata diagnosticata un disturbo di ansia generalizzata, io stessa sono rimasta scioccata, assolutamente impreparata a ricevere questa diagnosi, eppure i segni e i sintomi erano tutti lì, in piena vista.

Probabilmente, fino ad allora, avevo sempre associato il concetto di ansia alla preoccupazione eccessiva nei confronti di scenari apocalittici, che solitamente hanno scarsissima possibilità di accadere, come quando ci si preoccupa, magari fino a sentirsi quasi svenire, se non si riesce a contattare il marito o il figlio per telefono e ci si immagina già che gli sia successo qualcosa di grave, tipo un incidente mortale. Ecco, questo non era il tipo di ansia che avevo. (È tuttavia un altro modo in cui l’ansia può manifestarsi).

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Eventi sfavorevoli infantili e le malattie croniche
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Eventi sfavorevoli infantili e le malattie croniche

Uno stato di benessere psico-fisico e spirituale può essere raggiunto solo se il nostro sistema nervoso autonomo si trova nello stato di attivazione del sistema vagale ventrale, che corrisponde all’esperienza soggettiva di sentirsi sicuri e aperti all’interazione sociale con gli altri ( “safe and social” , sicuro e sociale); quando le altre due branche del sisitema nervoso autonomo, il simpatico e il vago dorsale , funzionano sotto il controllo del sistema vagale ventrale, possiamo avere accesso al gioco (mobilizzazione sicura) e all’intimità con un’altra persona (immobilizzazione sicura).

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La teoria polivagale e i disturbi legati allo stress e al trauma
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La teoria polivagale e i disturbi legati allo stress e al trauma

La teoria polivagale di Stephen Porges è una scoperta scientifica che ha rivoluzionato il modo in cui si guarda al sistema nervoso autonomo e che sta aprendo la strada alla comprensione nonché  alle possibilità terapeutiche dei disturbi da stress post-traumatico, ma soprattutto di disturbi, quali fibromialgia, malattie autoimmuni, dolore cronico, che potrebbero essere collegati ad esperienze di trauma non risolte.

Sebbene sia un argomento complesso, è estremamente importante che ognuno di noi  ne comprenda almeno le linee generali, ancor di più se soffriamo di malattie o disturbi che rientrano nella sfera psicosomatica.

Quindi, il mio invito è di continuare a leggere, mentre cerco di spiegarvi questa teoria  e le sue implicazioni sul trauma nel modo più semplice possibile!

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Il ciclo dello Stress
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Il ciclo dello Stress

Vi siete mai domandati perchè lo stress, soprattutto se cronico, fa male?

Non tutto lo stress è negativo. Un certo livello di stress è infatti positivo, perchè ci fornisce la motivazione ad andare avanti con i nostri progetti e l’energia necessaria per raggiungere gli obiettivi prefissati. Questo livello di stress positivo viene chiamato “eustress” e si accompagna a cambiamenti psico-fisici (quali maggiore energia e attenzione focalizzata) che sostengono le nostre attività e mantengono uno stato di salute e benessere.

Il problema giunge quando lo stress (o almeno lo stress percepito) raggiunge un livello in cui la nostra risposta fisiologica all’evento stressante diventa di per sè negativa per il nostro benessere psico-fisico. Si parla allora di “distress”.

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