La teoria polivagale e i disturbi legati allo stress e al trauma

La teoria polivagale di Stephen Porges è una scoperta scientifica che ha rivoluzionato il modo in cui si guarda al sistema nervoso autonomo e che sta aprendo la strada alla comprensione nonché  alle possibilità terapeutiche dei disturbi da stress post-traumatico, ma soprattutto di disturbi, quali fibromialgia, malattie autoimmuni, dolore cronico, che potrebbero essere collegati ad esperienze di trauma non risolte.

Sebbene sia un argomento complesso, è estremamente importante che ognuno di noi  ne comprenda almeno le linee generali, ancor di più se soffriamo di malattie o disturbi che rientrano nella sfera psicosomatica.

Quindi, il mio invito è di continuare a leggere, mentre cerco di spiegarvi questa teoria  e le sue implicazioni sul trauma nel modo più semplice possibile!

La teoria polivagale propone un’alternativa alla classica suddivisione del sistema nervoso autonomo nelle sue due branche, il sistema nervoso simpatico e parasimpatico.

Il sistema nervoso autonomo è quella parte del sistema nervoso (periferico), che si occupa di mantenere il funzionamento di tutte le funzioni fisiologiche, che ci tengono in vita, quali la circolazione, la respirazione, la digestione, l’ eliminazione, la risposta neuro-endocrina etc. Si chiama autonomo in quanto funziona autonomamente, senza richiedere la nostra partecipazione cosciente (fortunatamente!).

Quando l’organismo si trova in condizioni di pericolo (reale o percepito) il sistema nervoso autonomo viene attivato secondo una sequenza ben precisa allo scopo di garantire la sopravvivenza.

Come prima accennato, il sistema nervoso autonomo veniva classicamente distinto in due branche, il sistema simpatico, responsabile della risposta di mobilizzazione del combatti e fuggi (fight or flight) e il sistema parasimpatico, responsabile della risposta del riposo, rilassamento, e digestione (rest and digest). 

La teoria polivagale si sostituisce a questa visione dualistica del sistema nervoso autonomo, andando a introdurre una ulteriore suddivisione del sistema nervoso parasimpatico (distinto in sistema vagale ventrale e dorsale, sulla base dell’origine delle due branche del nervo vago, dal corrispettivo nucleo ventrale o dorsale nel midollo allungato) e proponendo una evoluzione filogenetica del sistema nervoso autonomo.

Stephen Porges, studiando la filogenesi del sistema nervoso autonomo, dai rettili agli esseri umani, ha identificato tre livelli o sistemi del sitema nervoso autonomo, che ha chiamato piattaforme neuronali.

Il livello filogeneticamente più antico è la piattaforma neuronale della parte dorsale del nervo vago, ed è chiamato sistema vagale dorsale. Questo sistema è parte del sistema nervoso parasimpatico e controlla gli organi e apparati che si trovano al di sotto del diaframma. Quando attivato a basso tono, ad esempio in condizioni di riposo, è responsabile della risposta del rilassamento e della digestione (rest and digest). Quando il sistema vagale dorsale è attivato in risposta allo stress, è responsabile della risposta di immobilizzazione (freeze o shut down), unica risposta allo stress possibile negli animali a sangue freddo (tipo la tartaruga), e quindi quella filogeneticamente più antica. 

Durante il processo evolutivo, si è aggiunta la piattaforma neuronale del sistema nervoso simpatico, responsabile della risposta del combatti e fuggi (e parzialmente della risposta del freeze, congelamento), presente nei mammiferi. In condizioni di assenza di stress, il sistema nervoso simpatico è attivato in tutte le situazioni che richiedono mobilizzazione e dispendio energetico (attività fisica, alzarsi la mattina dal letto, etc). 

L’ultimo tassello evolutivo del sistema nervoso autonomo è la piattaforma neuronale del nervo vago ventrale o sistema vagale ventrale, responsabile dell’ingaggio sociale (attraverso la connessione delle espressioni del viso e il tono della voce con il controllo del battito cardiaco, la cosiddetta heart-face connection, connessione faccia-cuore). La branca ventrale del nervo vago controlla il cuore, i polmoni e gli altri organi al di sopra del diaframma. L’aspetto più interessante del vago ventrale è proprio la capacità di controllo del battito cardiaco, che viene effettuato come un freno (vagal brake, freno vagale) sull’azione attivante costante del sistema nervoso simpatico.

Il sistema dell’ingaggio sociale è essenziale alla sopravvivenza della nostra specie. In assenza di interazione con gli altri simili, l’essere umano è destinato a perire. Un aspetto fondamentale di questo sistema è il concetto di co-regolazione, ossia attraverso l’ interazione sociale con una persona “regolata” da un punto di vista del sistema nervoso autonomo e percepita come sicura, il nostro sistema nervoso dis-regolato può tornare alla condizione di equilibrio. La coregolazione è essenziale nell’età infantile, quando ancora la capacità di autoregolazione (ossia per esempio di calmarsi, dopo essersi agitati) non si è sviluppata. 

Questi tre livelli evolutivi del sistema nervoso autonomo rispondono allo stress o al pericolo attraverso una sequenza ben precisa, dettata proprio dalla filogenesi, però in maniera invertita, ossia i sistemi più recenti intervengono prima e possono controllare i sistemi più antichi.

Di fronte ad una situazione percepita come stressante, la prima risposta viene dal sistema più recente, ossia il vago ventrale. Per far fronte alla situazione, il vago ventrale rimuove parzialmente il freno sul battito cardiaco, cosicchè il cuore possa battere piú velocemente senza  dover ricorrere all’attivazione del sistema nervoso simpatico. L’attivazione del vago ventrale è pero condizionale ad uno stato di sicurezza. Appena la situazione comincia ad essere percepita come più pericolosa, e l’interazione sociale (ad esempio la conversazione, la mediazione con l’altro) non è più sufficiente a risolvere il problema, si attiva il secondo livello di risposta, ossia il sistema nervoso simpatico, con la riposta di mobilizzazione energetica del combatti e fuggi.

Se anche questa strategia di difesa viene considerata insufficiente, come nel caso di una vera e propria minaccia per la vita, entra in gioco il sistema filogeneticamente più antico, il sistema vagale dorsale, con la risposta di immobilizzazione (freeze e shut down).

È importante ricordare che la scelta di proseguire in questa immaginaria scala filogenetica dall’alto della risposta ventrale vagale fino agli scalini più bassi del sistema dorsale vagale ( sempre passando obbligatoriamente dal sistema simpatico), non è mai una scelta consapevole, ma è una scelta inconscia, fatta dal sistema nervoso autonomo. Sulla base delle informazioni che riceve, sia dall’ambiente esterno o interno, il nostro sistema decide il livello di sicurezza o pericolo in cui ci si trova. La capacità di ricevere questi messaggi e di decidere se si è o no sicuri viene chiamata neurocezione, un termine coniato dallo stesso Porges. 

Queste tre piattaforme neuronali non sono attive soltanto in riposta allo stress, ma mantengono un funzionamento di base, per garantire le funzioni fisiologiche, e possono anche essere coattivate allo stesso tempo ( per esempio nel gioco o nell’intimità).

La predominanza del sistema vagale ventrale è la base fisiologica che ci consente di entrare in relazione con gli altri, di regolarci a vicenda e di avere accesso ad emozioni quali la gentilezza, la compassione, la equanimità.

Quando siamo nello stato del vago ventrale, ci sentiamo sicuri, stabili, felici, ancorati (grounded), in pace con il mondo, in grado di relazionarci agli altri.  Siamo organizzati, produttivi, capaci di portare a compimento i piani prefissati, e siamo capaci di prenderci cura di noi stessi. I benefici per la salute includono un cuore sano, una pressione sanguigna regolata, un sistema immunitario sano che diminuisce la vulnerabilità alle malattie, una buona digestione, un sonno di qualità e un senso generale di benessere. 

Non molti di noi si riconoscono in questo stato, almeno non costantemente, Durante l’ arco di una giornata, è possibile muoversi su e giù questa scala filogenetica. 

Quando, in risposta ad uno stress, il sistema simpatico viene attivato, non abbiamo più accesso a quelle qualità positive, fisiologiche, psicologiche e comportamentali dello stato del vago ventrale, e ci troviamo invece a dover fare i conti con la fisiologia dell’attivazione, ossia con un cuore che batte più velocemente, il respiro che diviene rapido e superficiale ed emozioni che possono andare dalla dall’ansia al panico, o dalla frustrazione alla rabbia, mentre siamo incapaci di concentrarsi e di relazionarci agli altri in modo sano. 

In una condizione di resilienza del sistema nervoso, dopo l’attivazione causata da uno stress, dovremmo essere in grado di risalire la scala fino al vago ventrale, allo stato di calma e socialità. 

Purtroppo, spesso la risposta  di attivazione del sistema nervoso simpatico si protrae nel tempo, ad esempio quando siamo sottoposti ad uno stress continuo, e la nostra salute ne risente. Le conseguenze sulla salute possono includere malattie cardiache, pressione alta, colesterolo alto, problemi di sonno, aumento di peso, problemi di memoria, mal di testa, tensione cronica al collo, alle spalle e alla schiena, problemi di stomaco e maggiore vulnerabilità alle malattie.

L’attivazione del sistema vagale dorsale rappresenta l’ultima risorsa del sistema nervoso autonomo, quando ci si trova in situazioni di pericolo, reale o percepito, per la propria vita. Il quadro  che emerge, fisiologico, emotivo e comportamentale è quello della immobilizzazione. 

L’ immobilizzazione può essere di due tipi : immobilità tonica e immobilità flaccida (ipotonica).

Nell’ immobilità tonica (risposta del freezing o congelamento), la risposta del sistema vagale dorsale coesiste con la risposta del sistema nervoso simpatico. Quando il pericolo è tale che la risposta di fuga o attacco non è più sufficiente o considerata inadeguata,  il corpo e la mente si immobilizzano, ma il sistema nervoso simpatico è ancora attivato, i muscoli sono ancora in tensione, pronti a scattare, appena il pericolo dovesse passare, mentre il cuore continua a battere all’impazzata, il respiro è rapido e superficiale, e la mente è in allerta. Un esempio di questo tipo di risposta è quello che succede al cervo in mezzo alla strada, che s’ immobilizza quando arriva un’ auto. È una risposta di sopravvivenza, perché nel mondo selvaggio, l’immobilità consente di essere meno visibili ai predatori.

In questa risposta di congelamento (detta freezing up, ma anche numbing out, ossia anestetizzazione), l’ immobilizzazione oltre ad essere fisica, è anche mentale ed emotiva, e può talvolta essere accompagnata da una vera e propria dissociazione. È una forma di anestetizzazione emotiva, in cui non si sentono più le emozioni (quali ad esempio paura, terrore, disperazione), perchè non saremmo in grado di sentirle tutte in una volta, se non a scapito della nostra sanità mentale. 

L’ ultima risposta possibile è quella della immobilità ipotonica (collasso, shut down, faint, svenimento), in cui il sistema del vago dorsale prende il sopravvento (l’ energia del sistema nervoso simpatico, precedentemente attivato, rimane tuttavia conservata nel sistema nervoso). 

Questa risposta autonoma si presenta come un vero e proprio collasso, in cui il corpo diventa flaccido, il cuore si rallenta (bradicardia), con una conseguente  riduzione della circolazione e ossigenazione al cervello, riduzione delle funzioni cognitive, a volte perdita di coscienza ( svenimento) e alta possibilità di dissociazione, ossia un distacco dall’esperienza, in cui ci si vede dal di fuori, come se gli eventi stessero capitando a qualcun’ altro. È una risposta di conservazione di energia. 

Nel mondo animale, lo shut down è la risposta del fingersi morti, come nel caso dell’opossum, che si paralizza sotto l’attacco del predatore. È l’ultima possibilità rimasta  di sopravvivenza: è ancora possibile che il predatore perda interesse per la preda a causa della carne flaccida e si allontani, o che alternativamente metta la preda da parte, e vada a cercarne un’ altra. L’animale, fuori pericolo, ha la capacità di riemergere da questo stato fisiologico di collasso e fuggire via. Quando poi si trova al sicuro, si libera dell’ energia da stress in eccesso, e lo fa attraverso il tremore di tutto il corpo. 

Una tipica risposta di immobilizzazione ipotonica è quella delle vittime di stupro, che incapaci di reagire, si trovano a subire l’aggressione, senza essere in grado di muovere un muscolo, senza neanche essere in grado di gridare o addirittura parlare, a causa della paralisi, indotta dalla flaccidità. Purtroppo, anche dopo il trauma, le vittime possono rimanere in uno stato fisiologico di predominanza del vago dorsale, che si manifesta con bradicardia, mancanza di energia, grande stanchezza, e psicologicamente come un senso di disperazione, di abbandono, di grande solitudine, e una visione nera del mondo, come vuoto, morto e oscuro. Questo stato può portare nella vita quotidiana a problemi di memoria, depressione, isolamento e mancanza di energia per i compiti  giornalieri.

Un’altra situazione in cui la fisiologia del vago dorsale ( a vari livelli di intensità ) può essere dominante è in persone che, durante l’infanzia hanno subito dei traumi. Il problema con i traumi in età infantile è che, al di là delle situazioni che normalmente consideriamo traumatiche, quali ad esempio abusi fisici, sessuali, estrema incuria, estrema povertà, incidenti gravi etc, anche situazioni apparentemente non traumatiche, a causa della immaturità fisiologica dei bambini, vengono sperimentate come tali. In questa categoria rientrano i traumi durante la gestazione, i traumi alla nascita (ad esempio l’uso del forcipe), ospedalizzazioni, procedure medico-chirurgiche (ad esempio la rimozione delle tonsille) o semplicemente  il crescere in un ambiente familiare dove i genitori non sono emotivamente disponibili o semplicemente non sono in sintonia con i bisogni del bambino (non così raro, no?). In queste situazioni, il bambino, che non ha ancora sviluppato una capacità di autoregolazione, può facilmente andare in uno stato di sovraccarico emotivo, e la risposta freeze/shut down è l’unica risposta possibile per sopravvivere al disagio fisico ed emotivo.

Purtroppo, i traumi rimangono conservati nel sistema, e specialmente in questo tipo di traumi che accadono nell’età dello sviluppo, il bambino può rimanere bloccato nella fisiologia del vago dorsale. In età adulta, le persone bloccate nella fisiologia dorsale, anche se perfettamente funzionali, capaci di avere un lavoro, una famiglia etc. , presentano difficoltà nel sentire le emozioni, nel connettersi al proprio corpo al di sotto del collo, tendono a disconnettersi in presenza di stress, possono soffrire di un senso di non appartenenza, grande solitudine, un senso di irrealtà e avere tendenza alla dissociazione. 

Questa risposta può essere esacerbata dalla presenza di situazione stressanti, dove la persona di default si trova a rispondere con l’ immobilizzazione, iper o ipotonica (con tachicardia o bradicardia, eccessiva tensione muscolare o flaccidità e mancanza di energia), la mente va in bianco, la capacità cognitiva è ridotta e il senso di disconnessione si accentua (fino alla dissociazione).

La permanenza della fisiologia del vago dorsale, a lungo andare sembra sia alla base di problemi di vario tipo, quali fobie, attacchi di panico, alcuni stati ansiosi e disturbi ossessivo-compulsivi (quando si è prevalentemente bloccati nello stato di freeze) e problemi quali fatica cronica, fibromialgia, letargia, depressione e problemi autoimmuni (quando si è più bloccati a livello della risposta di shut-down, collasso).

Un trauma non risolto può creare un elevato tono vagale dorsale, ma anche una risposta del simpatico in eccesso di ipervigilanza, o una combinazione dei due. 

In entrambi i casi, è difficile avere accesso al sistema del vago ventrale, della co-regolazione. 

Il primo passo verso la guarigione o la risoluzione del trauma è proprio quello di rinforzare il funzionamento del nervo vago, di aumentare la nostra capacità di connetterci agli altri in maniera sicura, ma anche di connetterci a noi stessi, e rientrare in rapporto con il nostro corpo. 

Nel processo che potremmo chiamare di scongelamento, in cui piano piano, veniamo fuori dalla fisiologia del vago dorsale, l’energia dello stress e del trauma, che è rimasta bloccata nel nostro sistema, può emergere con grande forza e creare un sovraccarico che potrebbe farci ripiombare nuovamente nella fisiologia dello shut down. Il rilascio dell’energia da stress va fatto piano piano, in un processo lento e progressivo. 

Ecco perchè, se ci si riconosce in questo quadro, è importante lavorare con psicologi, psichiatri o altri professionisti, che abbiano una formazione specifica per la gestione dei disturbi da trauma e che utilizzino tecniche somatiche (dato che il trauma è conservato nel corpo), quali ad esempio sensorimotor processing, somatic experiencing, EMDR e somatic therapy.

La Yoga terapia, come modalità terapeutica capace di facilitare la regolazione del sistema nervoso, sicuramente può essere di grande aiuto, ma va sempre considerata una terapia complementare.





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