Eventi sfavorevoli infantili e le malattie croniche

Uno stato di benessere psico-fisico e spirituale può essere raggiunto solo se il nostro sistema nervoso autonomo  si trova nello stato di attivazione del  sistema vagale ventrale, che corrisponde all’esperienza soggettiva di sentirsi sicuri e aperti all’interazione sociale con gli altri ( “safe and social” , sicuro e sociale); quando le altre due branche del sisitema nervoso autonomo, il simpatico e il vago dorsale , funzionano sotto il controllo del sistema vagale ventrale, possiamo avere accesso al gioco (mobilizzazione sicura) e all’intimità con un’altra persona (immobilizzazione sicura). 

L’esperienza del vago ventrale è una esperienza di appartenenza, di connessione a sè stessi, agli altri e alla terra, di apertura verso mille possibilità. Solo quando il vago ventrale è prevalente, possiamo avere accesso a sentimenti più elevati, quali la gentilezza e la compassione, e siamo in grado di prenderci cura di noi stessi e degli altri. 

Quando la nostra fisiologia è invece dominata dalle risposte di sopravvivenza, come nel caso delll’attivazione del sistema nervoso simpatico (responsabile del combatti e fuggi, fight or flight),  del sistema vagale dorsale (responsabile della risposta di congelamento e collasso, freeze and shut down) o di una combinazione delle due risposte, diventa difficile avere accesso a quelle qualità positive, quali la compassione e gentilezza, che ci rendono umani, e prendersi cura di sè stessi o degli altri diventa estremamente difficile, se non impossibile.

Se questa fisiologia di sopravvivenza si è instituita durante l’ infanzia, in risposta ad eventi di vita sfavorevoli o avversi, è altamente probabile che continui nella vita adulta e che si manifesti con una serie di disturbi psico-fisici, la cui intensità ed espressione dipende in modo proporzionale dal livello di difficoltà vissuto durante l’infanzia. Questa è la conclusione a cui si è arrivati in uno studio epidemiologico, condotto, su larga scala, da una compagnia assicurativa in California, lo studio “ACE” (Adverse Childhood Experiences, esperienze sfavorevoli o avverse infantili ).

Lo studio ACE ha dimostrato, senza ombra di dubbio, una correlazione diretta e proporzionale tra eventi sfavorevoli vissuti nell’infanzia (quali abusi fisici, psicologici, e sessuali, neglet-trascuratezza, non solo fisica, ma anche emotiva e disfunzioni nell’ambito familiare, inclusi divorzio, esposizione a violenza domestica, presenza  in famiglia di malattia mentale, uso di droghe, o incarcerazione di uno dei familiari) e la comparsa di malattie sia mentali che fisiche (quali obesità severa, malattie cardiache e respiratorie, tumori, depressione, tentativi di suicidio, diabete, strock etc) nonchè l’assunzione di comportamenti sfavorevoli alla salute (fumo, alcolismo, mancanza di attività fisica etc) e comportamenti di violenza verso altri (con conseguente incarcerazione) o di violenza subita.

Per chi fosse interessato, è possibile fare il test ACE online. Sulla base del numero delle proprie esperienze di vita, che rientano nella categoria di “ eventi sfavorevoli o avversi ” (fino ai 18 anni), si raggiunge un valore ACE (ACE score); se il valore è superiore a 4, la probabilità di sviluppare malattie croniche è molto elevata (ad esempio, il rischio di malattia polmonare cronica sale del 390% e il rischio di depressione sale del 460%). Ecco un paio di link, per fare il test e trovare maggiori informazioni:

https://acestoohigh.com/got-your-ace-score/ (in inglese)

https://www.apertamenteweb.com/wp-content/uploads/2019/02/Tesi-Margherita-Onofri.pdf (in italiano).

L’ aspetto più interessante di questo studio è che, anche se i disagi sperimentati da bambini sono solo di tipo psicologico ed emotivo, aumenta di molto il rischio di malattie fisiche, non solo di malattie psicologiche. 

È oggi chiaro che gli eventi sfavorevoli durante l’infanzia attivano le risposte di sopravvivenza disponibili al bambino in quel momento e ne influenzano lo sviluppo neurologico; queste risposte rimangono protratte nel tempo, in mancanza di una condizione familiare o sociale che garantisca la co-regolazione e il ritorno allo stato di fisiologia di sicurezza del vago ventrale. Non tutte le persone con una storia di eventi sfavorevoli infantili sviluppano malattie croniche, e questo dipende probabilmente dal livello di resilienza della persona e dalle esperienze di vita, anche extra-familiare, in cui laresilienza si è potuta coltivare, possibilmente in contatto  con figure adulte positive (vedi il test di resilienza, che è stato creato a seguito del test ACE, nel link sopra).

Come si manifestano le risposte di sopravvivenza nella vita di tutti i giorni?

In condizioni stressanti, ognuno di noi, tende a rispondere con un proprio stile di sopravvivenza, che come dovrebbe essere chiaro a questo punto, è il risultato delle esperienze vissute ( inclusi potenziali eventi sfavorevoli, consci o no, vissuti nell’infanzia). Si possono identificare almeno tre stili di sopravvivenza e le loro possibili combinazioni: la risposta della lotta (combattimento), della fuga e del congelamento (o collaasso). 

Chi risponde allo stress con la lotta, di solito tende ad avere scatti di rabbia ed ira che sono sproporzionati all’evento che li ha generati. Queste persone sono sempre sulla difensiva, vogliono dimostrare ad ogni costo di avere ragione, e anche se consapevoli di avere torto, continuano a mantenere la propria posizione, senza ammettere l’errore, perchè si sentono sotto attacco. Hanno una tendenza ad alzare la voce, a diventare violenti fino a spaventare le persone amate. 

La tendenza a rispondere con la fuga, può manifestarsi con un vero e proprio desiderio di fuga, voler andarsene, voler cambiare (lavoro, città, relazioni); quando messa in difficoltà , ad esempio in uno scontro verbale, la persona che risponde con la fuga, prova desiderio di abbandonare la stanza o la conversazione, e spesso lo fa. Alternativamente, la persona cerca di evitare qualsiasi confronto, di ignorare la situazione stressante, far finta che non sia successa e magari dedicarsi a qualcosa di completamente opposto (tipo pulire, stirare etc ) nella speranza che la situazione si risolva da sola. 

La tendenza a rispondere con il congelamento si manifesta, in condizioni di stress, con la mente che va in bianco, l’incapacità di esprimersi, la mancanza di desiderio di qualsiasi contatto sociale, e magari la speranza che se si sta zitti e tranquilli, la situazione stressante se ne vada da sola senza che nessuno ne venga a conoscenza. Alcune persone con questo tipo di risposta addirittura si dimenticano che una situazione stressante sia accaduta, e possono perdere consapevolezza del tempo che passa. 

Ognuno di noi probababilmente può riconoscere se stesso o qualche altra persona in uno di questi stili o forse in una loro combinazione. 

Il mio stile è sempre stato quello della fuga, e non è un caso che nella mia storia personale ci siano stati continui cambi di residenza (addirittura in diversi continenti), cambi di lavoro (da medico a scienziata, a studiosa di proprietà intellettuale, a insegnante di Yoga), e che questo stile (con un misto di congelamento) si sia manifestato con una sindrome da ansia generalizzata e la tendenza a disconnettersi dal corpo, ma anche dagli altri. 

Queste risposte, ricordiamoci, sono risposte di sopravvivenza, automatiche, che in alcuni momenti della nostra vita ci hanno davvero aiutato a sopravvivere, e quindi vanno guardate con rispetto e compassione, sia se le riconosciamo in noi stessi, sia se le ritroviamo nelle persone a noi vicine.

Se ci riconosciamo in alcune di queste risposte, non significa che siamo destinati ad un futuro di sofferenza e di malattie croniche, però è importante non sottovalutarle e prenderle come un campanello di allarme, che richiede attenzione ed azione.  Si può cadere nell’errore di sottovalutare le risposte di sopravvivenza perché vengono erroneamente considerate come modalità di comportamento che fanno parte della nostra personalità, e che, come tali, non possano essere cambiate.

La buona notizia è che il cambiamento è possibile. È possibile riorganizzare la nostra fisiologia, e ritornare ad uno stato di regolazione. Il comportamento e le storie che ci raccontiamo cambieranno di conseguenza.

Il primo passo per il cambiamento è coltivare la consapevolezza delle nostre risposte allo stress, imparare prima a conoscerle, poi a riconoscerle quando sono in azione, e infine a cambiarle.

Il percorso yogico può aiutarci a coltivare questa consapevolezza e ci offre numerosi strumenti di regolazione del sistema nervoso, per riguadagnare accesso al sistema del vago ventrale. Quando ri-impariamo o impariamo a vivere nello stato vagale ventrale, ecco che possiamo sentirci sicuri, sociali, stabili e contenti e possiamo finalmente raggiungere uno stato di benessere psico-fisico, sociale e spirituale.



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