Il Digiuno Intermittente ci fa perdere peso oppure ci FA VIVERE PIÙ A LUNGO?
Pratico il digiuno intermittente da poco più di un anno, e da quando ho iniziato a praticarlo, ho perso almeno 10 chili e sono tornata al peso di quando era ragazza. Per mettere il mio risultato in un contesto, può essere utile sapere che ho 52 anni e sono appena entrata in menopausa.
Ho perso peso solo come conseguenza del digiuno intermittente? Onestamente non credo.
Ho iniziato a praticare il digiuno intermittente insieme ad una serie di altri cambiamenti dello stile di vita, e probabilmente la perdita di peso è il risultato di una combinazione di tutte le modifiche apportate.
Ad esempio, insieme alla pratica del digiuno intermittente, ho anche iniziato ad anticipare e alleggerire la mia cena: mentre prima il mio pasto principale era la sera, intorno alle 19:30-20:00, oggi mangio il mio pasto principale a pranzo e cerco di smettere di mangiare entro le 18:00 (escluso uno o due giorni a settimana, di solito nel weekend) e di solito la cena consiste in una zuppa o un frullato di verdure o di frutta.
Non salto mai la colazione, che faccio di solito intorno alle 9:00 (certe volte anche più tardi, ma mai dopo le 10:00).
Il mio risultato in termini di perdita di peso è a mio avviso una combinazione del digiuno (che mi ha aiutato ad accedere alle riserve di grasso), della riduzione complessiva di calorie introdotte (dato che la cena è davvero leggera, rispetto a quello che mangiavo prima, ma il pranzo non è cambiato di tanto) e soprattutto il fatto di non mangiare una cena pesante troppo tardi la sera, dato che ho capito, con l’esperienza, di non essere proprio in grado di digerirla in maniera completa ( quando il cibo non è del tutto digerito, rallenta il transito intestinale, altera il microbioma e contribuisce allo stato infiammatorio cronico.).
Ma a pensarci bene, la mia perdita di peso potrebbe anche essere ascritta in parte al cambiamento della mia alimentazione, che ad oggi è principalmente basata sulle piante ed è povera di cibi raffinati e/o processati.
Allora mi domando, se avessi praticato solo il digiuno intermittente, senza però ridurre il mio apporto complessivo di calorie, e continuando con una alimentazione ricca di farine raffinate, zuccheri e cibi processati, avrei comunque perso peso?
Probabilmente no…Avrei ciononostante ottenuto dei benefici dal digiuno intermittente, anche in assenza di perdita di peso? Probabilmente sì.
La letteratura scientifica sui benefici del digiuno intermittente, che prescindano dalla perdita di peso, è davvero convincente: il digiuno intermittente aumenta l’autofagia, induce i processi di rigenerazione cellulare e la produzione di nuovi mitocondri, attraverso la produzione di corpi chetonici è anche in grado di influenzare la funzione cerebrale e la ripulitura delle placche amiloidi, ha inoltre un effetto positivo sul microbioma. Sono tutte funzioni che potenzialmente potrebbero allungarci la vita.
Riguardo invece agli effetti del digiuno intermittente sul peso, la letteratura scientifica non è del tutto concorde, e recentemente un paio di articoli pubblicati in riviste di un certo rilievo, sembrano indicare che gli effetti del digiuno intermittente sul peso, siano verosimilmente ascrivibili alla riduzione calorica.
Una di queste pubblicazioni ha suscitato molto interesse nella stampa internazionale, che ovviamente ha tratto le proprie conclusioni in maniera plateale, come nel caso del New York Times, che ha intitolato il suo articolo “ Gli scienziati non trovano nessun beneficio del digiuno intermiittente”, praticamente ignorando tutta la letteratura che invece dimostra innumerevoli benefici del digiuno, in aggiunta alla perdita di peso.
La pubblicazione in questione è uno studio della durata di un anno, condotto in Cina e appena pubblicato nella prestigiosa rivista New England Journal of Medicine.
Gli autori dell’articolo hanno voluto investigare se l’effetto sul peso del digiuno intermittente fosse indipendente o no dalla restrizione calorica.
Per rispondere a questa domanda, hanno reclutato 139 pazienti obesi e li hanno divisi in modo random in due gruppi: un gruppo è stato sottoposto ad una restrizione calorica (1200-1500 calorie al giorno per le femmine e 1500-1800 per i maschi) per l’intero anno, e l’ altro gruppo è stato sottoposto alla stessa restrizione calorica, però in aggiunta, l’ assunzione di cibo è stato limitata temporalmente al periodo tra le 8 del mattino e le 16 (quindi un tipico digiuno intermittente 16:8, 16 ore di digiuno, 8 ore di cibo).
A distanza di un anno, il gruppo che ha praticato anche il digiuno in aggiunta alla restrizione calorica, ha perso in media circa 8 kili, contro 6.4 chili persi nel gruppo che ha praticato solo la restrizione calorica. Questa differenza non è stata tuttavia considerata statisticamente significativa, e quindi gli autori hanno concluso che il digiuno intermittente di per sé non causa perdita di peso, a meno che non sia anche associato ad una restrizione calorica.
La conclusione potrebbe essere valida, ma a mio parere, per raggiungere questa conclusione senza ombra di dubbio, gli autori avrebbero dovuto seguire un gruppo di pazienti, che praticasse il digiuno intermittente, continuando a mangiare come prima, senza nessun tipo di restrizione calorica, ma solo in una finestra temporale ben definita.
Se questo gruppo non avesse perso peso in modo significativo, allora sì, si i sarebbe davvero potuto concludere che il digiuno intermittente di per sé non causi perdita di peso!
Un altro aspetto importante di questo studio è che è stato condotto in Cina, dove sembra che il pasto principale avvenga sempre all’ora di pranzo, e allora sarebbe da domandarsi, dato che il gruppo di controllo sottoposto a restrizione calorica, probabilmente ha assunto il pasto principale a pranzo, quanto tardi ha mangiato la cena e quanto era pesante? Quante ore di digiuno i cinesi fanno normalmente tra la cena e la colazione? Purtroppo queste informazioni non sono disponibili nell’articolo.
Se lo stesso protocollo venisse applicato nel mondo occidentale, dove il pasto principale è di sera e per giunta tardi (20:00-22:00), sono sicura che vedremmo molti più effetti benefici nel gruppo che pratica il digiuno intermittente, a paritá di restrizione calorica, che si potrebbero ascrivere ad una riduzione dell’infiammazione cronica (dato che cibo sarebbe meglio digerito e non rimarrebbe indigerito, o parzialmente digerito per lungo tempo), e chissá, forse vedremmo anche una maggiore riduzione del peso.
Ma in fondo, che ci importa, se praticando il digiuno intermittente, perdiamo peso perché digiuniamo o perché indirettamente impariamo a mangiare di meno? Sicuramente è più facile attenersi nel lungo termine ad un protocollo di digiuno, piuttosto che ad una dieta, in cui si debbano costantemente contare calorie.
Un altro aspetto importante del digiuno intermittente è il periodo della giornata in cui si digiuna o meglio il periodo della giornata in cui si mangia: potremmo decidere di continuare a mangiare il nostro pasto principale di sera, appesantirci prima di andare a letto e poi magari saltare la colazione.
Alternativamente, potremmo decidere di mangiare soprattutto nella prima parte della giornata (come nel caso dello studio cinese), quindi quando siamo attivi ed è ancora giorno (almeno in alcuni momenti dell’anno).
In alcuni ambienti, soprattutto tra i bio hackers, il digiuno intermittente è principalmente praticato saltando la colazione, al punto che nell’ accezione comune, il digiuno intermittente coincide appunto con il non mangiare la colazione , e quindi molti opponenti del digiuno si appellano proprio all’importanza della colazione come motivo principale per non praticarlo.
Sicuramente lo stile di vita moderno rende questo approccio al digiuno molto più accessibile rispetto all’idea di saltare o anticipare di gran lunga la cena. Per molte persone la cena è l’unico momento in cui si può stare tutti insieme in famiglia.
Tuttavia, quando spostiamo in avanti la finestra temporale in cui mangiamo, e ci troviamo quindi a mangiare durante il periodo diurno, i benefici del digiuno intermittente, a paritá di ore di digiuno, sono verosimilmente maggiori rispetto al digiuno che inizia in tarda serata e si prolunga fino a mezzogiorno.
Questo è quello che ci suggerisce uno studio appena pubblicato sulla rivista Science, in cui gli autori hanno investigato l’effetto della restrizione calorica sulla longevità di una particolare tipo di topo di laboratorio (C57BL/6J)
Che la restrizione calorica sia l’intervento che in maniera più convincente allunghi la vita, in numerosi modelli animali, è praticamente un dato di fatto nella letteratura scientifica.
Nello studio in questione, quando i topi sono sottoposti a restrizione calorica (30% in meno di calorie) fin da quando sono giovani, la loro vita media si allunga del 10%.
Ma l’ aspetto interessante di questo studio è che quando la restrizione calorica viene associata ad una restrizione della finestra temporale in cui i topi mangiano, quindi praticamente quando i topi praticano un periodo di digiuno (di almeno 12 ore), gli effetti sulla longevità cambiano drasticamente, nel senso che la vita media viene allungata del 35% (!!), ma solo quando la finestra temporale in cui i topi possono mangiare corrisponde al periodo del giorno in cui i topi sono normalmente più attivi, quindi durante la notte. Quando invece i topi vengono lasciati mangiare durante il giorno (solo in un paio d’ore, per non interferire troppo con il sonno), quando dovrebbero dormire, a paritá di restrizione calorica, gli effetti sulla longevità, sebbene presenti, non sono altrettanto importanti (21% di estensione).
In aggiunta all’allungamento significativo della vita media (nove mesi in più rispetto ad una vita media di 2 anni!!), la combinazione di restrizione calorica e digiuno intermittente allineato ai cicli circadiani, ha anche un effetto significativo sull’espressione genica, in quanto va a controbilanciare i cambiamenti di espressione genica che sono tipicamente associati all’invecchiamento (aumento di geni infiammatori e riduzione di geni coinvolti in pathways metaboliche).
Gli esseri umani, a differenza dei topi, sono esseri diurni, quindi se dovessimo tradurre questi risultati in un suggerimento applicabile alla nostra specie, sarebbe quello di praticare il digiuno e la restrizione calorica in una fase della giornata, che sia compatibile ai nostri ritmi circadiani, e quindi il grosso delle calorie dovrebbero essere introdotte nel periodo del giorno in cui siamo normalmente più attivi, quindi dal mattino fino idealmente al tramonto.
Per me è davvero entusiasmante che gli studi di cronobiologia, all’inizio davvero limitati alla scienza di base, stiano diventando sempre più rilevanti nel fornirci le basi scientifiche della validità e importanza dello stile di vita, e come debba essere modificato, per ottenere risultati migliori.
Ricordiamoci però che la scienza moderna in fondo sta solo fornendo le basi scientifiche a delle teorie sui cicli diurni e stagionali che sono state concettualizzate già da millenni dalle medicine antiche, come la Ayurveda e la medicina cinese.
La medicina ayurvedica infatti ha codificato una serie di routine giornaliere, che vengono chiamate dinacharya, e che in fondo, ci suggeriscono di vivere in profondo allineamento con i cicli naturali.
Ad esempio, l’ Ayurveda ci suggerisce di mangiare il pasto principale a pranzo, quando il fuoco digestivo, l’ Agni, è al suo massimo, e di mangiare una cena leggera, quando non è ancora buio. Quindi, di fatto, ci consiglia una forma di digiuno intermittente allineato ai ritmi circadiani, che oggi sappiamo è in grado di allungare la vita dei topi del 35%!!
E quindi, per concludere, quale potrebbe essere il primo passo verso una vita più longeva?
Mangiare di meno la sera e possibilmente non troppo tardi!!
Referenze:
-Calorie Restriction with or without Time-Restricted Eating in Weight Loss. Deying Liu, M.D., et al. N Engl J Med 2022; https://www.nejm.org/doi/full/10.1056/NEJMoa2114833
-Circadian alignment of early onset caloric restriction promotes longevity in male C57BL/6J mice. Victoria Acosta-Rodríguez et al. Science, 5 May 2022 https://www.science.org/doi/10.1126/science.abk0297