Riflessioni sul sonno nella società moderna e in quella di popolazioni pre-industriali

In questi giorni mi sto documentando sulle ultime ricerche scientifiche sul sonno per un seminario gratuito che vorrei offrire tra un paio di settimane. Nel frattempo sto anche creando delle immagini da postare nei social media, per comunicare in modo efficace e sintetico quali siano le abitudini comuni che possano influenzare negativamente o positivamente il nostro sonno.

Rileggendo  i 5 tips per un sonno riposante e ristoratore, mi é improvvisamente venuto un pensiero: non é assurdo che abbiamo bisogno di una vera e propria lista di abitudini da seguire o da evitare  per poter raggiungere l’obiettivo di un sonno ristoratore, quando invece dormire potrebbe essere una funzione fisiologica assolutamente naturale, come lo è  per la maggior parte degli altri esseri viventi sulla terra?

Questo ci dice quanto, come specie,  ci siamo completamente allontanati dalla natura e dai suoi ritmi, che sono invece proprio alla base del controllo fisiologico del sonno.

Vi siete mai domandati come si dormiva nel passato, quando non c’erano l'elettricità e tutte le distrazioni mediatiche che abbiamo noi?

Quali sarebbero le caratteristiche e i parametri naturali del sonno (orario di inizio, durata, profondità, continuità etc) se vivessimo in completa sincronia con i ritmi naturali di luce/buio, e nella naturale alternanza delle stagioni? 

Se lo sono chiesti alcuni anni fa  alcuni scienziati, che nel 2015 hanno pubblicato un articolo davvero interessante: “Natural Sleep and Its Seasonal Variations in Three Pre-industrial Societies”. Per rispondere alla domanda di come fosse il sonno nell’era dei nostri antenati, che vivevano di caccia e raccolto (gli hunter-gatherers, cacciatori-raccoglitori, ) hanno deciso di studiare tre popolazioni indigene, che vivono ancora in completo contatto con la natura e sono considerate essere tra le poche societá rimaste di cacciatori/raccoglitori:gli Hadza della Tanzania, i San della Namibia e gli Tsimane della Bolivia.

Queste popolazioni, che vivono senza elettricità, senza alcun tipo di media, o altri tipi di distrazioni, a cui noi siamo abituati, né alcun sistema di controllo della temperatura ambientale, sono considerate un esempio vivente di come poteva essere la vita dei nostri predecessori di circa 10.000 anni fa. 

Gli Hazda vivono in un habitat di foresta-savana a 2 gradi a sud dell'equatore e sono soprattutto raccoglitori, raccolgono i loro cibi selvatici ogni giorno. I San vivono prevalentemente come cacciatori-raccoglitori, mentre gli Tsimane, che vivono vicino al fiume Maniqui, sono cacciatori-orticultori.

Eccovi la prima figura dell’articolo

Fig 1. Posizione dei luoghi di registrazione

(A) (Da sinistra a destra, Tsimané, San, Hadza).

(B) Actogrammi rappresentativi da soggetti Hadza, Tsimané e San (le due serie inferiori mostrano lo stesso partecipante San in estate (serie superiore) e in inverno (serie inferiore). Il tempo di inizio del sonno è molto variabile e si verifica diverse ore dopo il tramonto in tutti i gruppi. Il tempo di risveglio è relativamente regolare e si verifica prima dell'alba, tranne che nei San in estate. I sonnellini (nappa) possono essersi verificati fino al 7% dei giorni in inverno e fino al 22% dei giorni in estate. Lunghi periodi di veglia notturna sono rari.

Il sonno di queste popolazioni, insieme ad altri parametri fisiologici, quali ad esempio la temperatura corporea, è stato analizzato utilizzando degli orologi speciali con appositi sensori (actiwatches). 

I risultati di questo studio sono particolarmente interessanti. Prima di tutto, si è  visto che i patterns di sonno sono omogenei tra le tre popolazioni, nonostante vivano in aree della terra cosí lontane, ad indicare che alcuni aspetti del sonno siano proprio fondamentalmente intrinsechi  nella fisiologia umana. 

Nonostante non abbiano accesso all’elettricità, si è visto che  queste popolazioni non  vanno a dormire immediatamente dopo il tramonto, quando si fa buio, ma  piuttosto circa 2,5-4.4 ore dopo.

Nelle ore buie della sera, si raccolgono attorno ad un fuoco, ma il livello di luce a cui sono esposti è comunque molto basso (sotto i 5 lux, che è il limite minimo rilevabile dal sensore dell’actiwatch).

Sembra che l’ora della sera  in cui si addormentano, sia più legata al  calo della temperatura corporea, che alla distanza temporale dal tramonto.

Tutte e tre le popolazioni si svegliano al mattino circa  un’ora prima dell’ alba, quando è ancora buio (con l’eccezione dei San, che in estate si svegliano un’ora dopo l’ alba) e sono esposte al massimo della luce solare intorno alle 9 del mattino, mentre a mezzogiorno l’esposizione alla luce solare  è altamente ridotta, probabilmente perché in quel momento, cercano riparo dal sole di mezzogiorno. 

Andando a letto in media  tra le 21.16 (in inverno) e le 22:44 (in  estate) e svegliandosi tra le 4 e le 6 del mattino, queste popolazioni dormono una media di 5.7–7.1 ore a notte, anche se rimangono a letto in media 6.5-8.5 ore. Quindi, di fatto, non dormono di più di quanto non facciamo noi nelle società industriali, ma il loro sonno è raramente (o quasi mai!) interrotto durante la notte, e non hanno  alcun bisogno di riposi pomeridiani, come attestato dalla loro bassissima frequenza. Il concetto stesso di insonnia o di difficoltà ad addormentarsi o a mantenere il sonno è completamente estraneo alla loro cultura, tanto che gli interpreti hanno dovuto spiegarglielo, dato che non esiste una parola corrispondente nelle loro lingue!

La durata complessiva del sonno è più legata all’ora in cui vanno a dormire, che non all’ora in cui si svegliano, che è più o meno sempre la stessa, un’ora circa prima dell’alba ( che corrisponde al momento in cui la temperatura corporea è al suo minimo, e induce una risposta di vasocostrizione, finalizzata a fare risalire la temperatura, e al contempo è un segnale di sveglia per il corpo).  In inverno queste popolazioni dormono in media un’ora in più a notte, perché vanno a letto almeno un’ora prima, probabilmente perché fa buio prima o perchè c’è più freddo.

Neanche a dirvelo, queste popolazioni sono super sane, dal punto di vista di peso, metabolismo, funzioni cardio-vascolari e disturbi mentali, che spesso invece nelle società industriali sono conseguenze dei disturbi cronici del sonno. 

Cosa possiamo imparare da questo studio, in termini di abitudini da mettere in pratica?

Il primo aspetto importante, a mio avviso, da mettere in pratica è quello di sviluppare un’ attenzione consapevole alla nostra esposizione alla luce, solare e non,  in momenti precisi della giornata, esposizione che in queste popolazioni avviene naturalmente e che invece noi abbiamo dimenticato, o alterato.

Gli scienziati sono tutti ormai d’accordo sull'importanza dell’esporsi alla luce del primo mattino (entro le 9 circa), per sincronizzare il nostro orologio interno con il ritmo circadiano esterno, sincronizzazione essenziale alla nostra salute generale.

Non è sufficiente guardare il sole da una finestra, ma bisogna proprio uscire fuori, e rimanerci per almeno 10-20 minuti, se non di più (dipende dall’intensitá della luce, più è nuvoloso, più dovremmo stare fuori, comunque non sono necessari più di 30 minuti). 

In queste popolazioni si è visto che il momento in cui sono maggiormente esposte alla luce solare è proprio intorno alle 9 del mattino, quando possiamo immaginarceli fuori all’aperto intenti a cacciare o raccogliere il loro cibo. Molti di noi invece rimangono in casa tutto il giorno, soprattutto negli ultimi tempi di smart working e quindi perdono l’occasione di resettare ill proprio ritmo circadiano.

E poi c’ è il problema dell’esposizione eccessiva alla luce durante la sera, sia che siano i nostri lampadari accesi al massimo sopra la nostra testa o che sia la “terribile” luce blu degli schermi, a cui ben pochi, me inclusa, vogliono rinunciare nelle ore serali. Purtroppo la luce a cui siamo esposti di sera interferisce con il rilascio di melatonina, e quindi ritarda di gran lunga il momento in cui ci addormentiamo.

Di certo non mi aspetto che le nostre serate siano illuminate solo dalla luce di un focolare (sebbene sarebbe bello), come fanno i San o gli Hadza, ma potremmo sicuramente ridurre le luci dei lampadari e sostituirle con delle luci più diffuse da terra o tavolino. 

Un altro aspetto importante che emerge da questo studio è quello della temperatura ambientale, come vero e proprio controllore dell’ inizio e della fine del sonno.

Per assicurarci un buon sonno, è importante quindi che la temperatura della nostra stanza da letto non sia troppo alta, cosí come non vogliamo piumini troppo pesanti. 

Purtroppo tante altre abitudini della vita moderna vanno ad interferire con la qualità del nostro sonno, ad esempio quella di una cena pesante tardi la sera, o quella di rimanere attivi mentalmente e continuare a lavorare al computer fino a molte ore dopo l’orario potenzialmente ideale di addormentamento (vedi questo blog)

Ed ecco che quindi ci ritroviamo  a dover fare delle liste, per ricordarci cosa fare e non fare, per migliorare il sonno, o per mantenere il peso ideale,  perché purtroppo l’ambiente esterno a noi  e lo stile di vita considerato “normale” sono un vero e proprio ostacolo all'allineamento ai cicli naturali.

Come dico spesso, per ritrovare salute e benessere, energia e voglia di vivere, bisogna essere ribelli e andare contro-corrente, e non sempre è facile farlo da soli...

A gennaio 2022 si riaprono le porte del mio programma di health coaching annuale, durante il quale ci allineiamo piano piano ai cicli naturali mettendo in pratica le abitudini dello Yoga e dell’ Ayurveda. Se siete curiose di saperne di più, trovate maggiori informazioni in questa pagina

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