che tipo di meditazione scegliere?
Quando ho sentito per la prima volta la frase cartesiana “Cogito, ergo sum” (Penso, dunque sono), non ho avuto alcun dubbio che Cartesio avesse espresso una grande verità.
D’altronde, questa è stata la mia esperienza per diversi decadi, direi forse fino ai miei 40-45 anni.
Il senso del mio essere derivava sostanzialmente dalla mia mente pensante, perché non avevo ancora sperimentato lo stato dell’ “essere” senza pensare, stato a cui sono arrivata, anche se non subito, grazie alla meditazione.
Oggi, quando penso alla frase di Cartesio, automaticamente la cambio in “Cogito, Ego sum”, (anche se immagino che in latino non sia corretto) perché alla fin fine, con il pensiero ciò che emerge non è tanto il nostro essere, quanto il nostro ego.
L’ego infatti non è altro che un insieme di pensieri, è un costrutto mentale, che però si anima di vita propria e si alimenta di tutti i nostri dubbi e le nostre incertezze, e si serve dei programmi base di sopravvivenza (fight or flight or freeze), per proteggere la propria esistenza a tutti i costi.
La nostra vera natura, quella più essenziale, almeno secondo le filosofie orientali dello Yoga e del buddismo, è pura consapevolezza, e la meditazione è lo strumento attraverso il quale è possibile arrivare ad essa.
Lo stato di Yoga, come descritto negli Yoga Sutra di Patanjali, è la cessazione di tutti i turbinii mentali (Vritti), così che smettendo di identificarci con i vortici della mente (che includono pensieri, emozioni, sensazioni e percezioni), possiamo entrare in contatto con la nostra natura essenziale, il purusha, che è consapevolezza pura, pacifica e non adulterata.
Mentre raggiungere lo stato di Yoga o Samadhi in Yoga e di Nirvana nel caso del Buddismo sono lo scopo ultimo della meditazione in queste tradizioni, oggigiorno la meditazione ha anche degli obiettivi più mondani, quali ad esempio la riduzione dello stress, l’aumento dell’equilibrio emotivo, nonché la riduzione del dolore, dell’ansia e dei sintomi depressivi.
La meditazione è oramai consigliata come strumento quotidiano di salute e benessere e i suoi effetti positivi sulla salute sono stati ampiamente confermati scientificamente in una serie di studi e trials clinici.
Quando però decidiamo di iniziare a meditare, soprattutto senza il supporto di un insegnante che abbia molti anni di esperienza, possiamo correre il rischio di essere scoraggiati dall’ ampia varietà di meditazioni disponibili, ma anche da aspettative non realistiche che lo stato meditativo debba essere uno stato di pace, senza pensieri.
Quando finalmente ci convinciamo a iniziare a meditare e scopriamo che la mente non riesce a stare ferma, neanche per un secondo, spesso abbandoniamo l’esperimento e decidiamo che la meditazione non fa per noi e che non siamo fatti per meditare.
Mi preme quindi sfatare subito questo mito che meditare nel modo corretto significhi liberare la mente dai pensieri.
Sebbene arrivare ad una mente libera sia un obiettivo assolutamente realizzabile, almeno in alcuni tipi di meditazione, non è sicuramente l’obiettivo di tanti tipi di meditazione e sicuramente non deve esserlo per il principiante.
Nella curiositá che mi contraddistingue, ma anche spesso l’incapacità di rimanere con un protocollo sempre uguale (problema che avevo anche quando facevo la scienziata), tipico della mia personalità Vata (il mio dosha in ayurveda), io stessa ho provato diversi tipi di meditazione, anche perché mi è mancata una vera e propria guida, quindi mi sono ritrovata a sperimentare da autodidatta.
Il mio primo approccio alla meditazione è stato l’utilizzo del mantra, da ripetere con l’ausilio di una collana di perline (mala beads, una specie di rosario) per almeno 108 volte. Il mio primo errore è stato proprio quello di aspettarmi che la mente rimanesse tranquilla durante la recitazione del mantra, mentre la mia esperienza fu quella di pensieri così insistenti capaci di sovrapporsi al mantra stesso, sia che fosse recitato a voce o mentalmente; mentre una parte della mente recitava il mantra, un’altra continuava a pensare...
Ricordo che l’esperienza fu decisamente frustrante e infatti questo tipo di meditazione non è durato a lungo.
In seguito, ho provato delle meditazioni di matrice tantrica che impiegano l’uso di mantra semi (seed sounds) insieme a gesti delle mani (mudra) e ho trovato che la combinazione del suono con il movimento delle mani fosse in grado di tenere a bada la mia mente, al punto che alla fine della meditazione per la prima volta ho avuto accesso a brevi momenti di silenzio e pace.
Lo studio del tantra (sempre da autodidatta), soprattutto quello dello shaivismo kashmiro, e del non dualismo contemporaneo, mi ha portato a seguire diversi insegnanti spirituali, quali Jean Klein, Rupert Spira, Miranda McPahrson, Thomas Hueble, Richard Miller, Loch Kelly etc. Ognuno di loro ha sviluppato il proprio metodo di meditazione per arrivare, di solito passando attraverso un’esperienza embodied del corpo, ad uno stato di quiete e di consapevolezza espansa, spesso anche definita ground of being, la base dell’essere.
Senza rendermene conto, sono sempre stata attratta da un certo tipo di meditazione, che rientra nella categoria delle Quiet Mind meditations (che vi descrivo a breve).
Studiando con maggiore interesse i vari tipi di meditazione, sono finalmente approdata al lavoro di Jeff Tarrant, che sulla base del lavoro fatto anche da altri scienziati, ha identificato quattro tipi o categorie fondamentali di meditazione, in cui più meno tutte le meditazioni possono essere raggruppate. Alcune meditazioni in realtà comprendono al loro interno anche più di una categoria.
Per la mia mente scientifica, questo lavoro è stato davvero illuminante, soprattutto perché i quattro tipi di meditazione hanno un effetto ben preciso a livello di alcune aree cerebrali nonché sulle onde cerebrali all’EEG, e in aggiunta, considerati questi ultimi effetti, è possibile, al meno in linea teorica, consigliare un tipo di meditazione, piuttosto che un altro, sulla base degli obiettivi che si vogliono raggiungere e di patologie mentali sottostanti.
È anche importante sottolineare che non c’è uno stile di meditazione che sia il migliore di tutti gli altri, ma che piuttosto è possibile identificare lo stile migliore e più adatto alla persona, in quella determinata circostanza di vita. Per la stessa persona, in un altro momento, potrebbe essere più indicato un altro tipo di meditazione.
I quattro tipi di meditazione sono i seguenti
Focus meditations: meditazioni in cui l’ attenzione o concentrazione (focus) viene deliberatamente sostenuta su un singolo oggetto, quale ad esempio il respiro, una parte del corpo, una immagine visiva o una parola o frase (mantra).
Mindfulness meditations: questo tipo di meditazione è spesso indicato come "monitoraggio aperto" e comporta una consapevolezza spassionata e non valutativa dell'esperienza in corso, siano essi pensieri, emozioni, sensazioni o percezioni.
Open Heart meditations (meditazioni a cuore aperto): meditazioni in cui si evocano sentimenti positivi quali gentilezza amorevole, compassione e gratitudine, che vengono poi rivolti a ad una serie di persone, nonché verso se stessi.
Quiet Mind meditations: meditazioni il cui obiettivo è di trascendere la mente pensante, per arrivare ad una dimensione mentale più profonda e pacifica, ed eventualmente allo spazio di consapevolezza pura.
Le meditazioni focus enfatizzano il mantenimento dell' attenzione su un singolo oggetto, indipendentemente dall'obiettivo specifico, e richiedono quindi di sostenere l'attenzione e ridurre al minimo il vagare della mente. Quando l'attenzione vaga dall’ oggetto, l'obiettivo è quello di riconoscerlo il più presto possibile e senza giudizio riportare l'attenzione al focus originale.
Le pratiche di focalizzazione attivano i lobi frontali e sono quindi ideali per migliorare le funzioni legate all'attenzione, alla memoria o ad altre funzioni esecutive. Non a caso, quindi, questo tipo di meditazione è particolarmente indicato in caso di disturbi dell’ attenzione e della memoria, alta distraibilità, declino cognitivo o lesioni cerebrali traumatiche.
In molte tradizioni meditative, questa forma di meditazione è spesso usata come punto di partenza per "stabilizzare la mente".
Le meditazioni che rientrano nella categoria Mindfulness sono quegli stili di meditazione che richiedono al meditatore di passare in uno stato di consapevolezza di osservatore, guardando delicatamente pensieri, sentimenti e sensazioni corporee senza attaccamento.
È una consapevolezza del momento presente senza tentativi di controllare, analizzare o giudicare l'esperienza.
Questo è il tipo di meditazione più diffusa e più studiata, che deriva dalla meditazione Vipassana del buddismo ed è stata popolarizzata in occidente grazie al lavoro di Jon Kabat Zinn, creatore del protocollo di Mindfulness Based Stress Reduction (MBSR).
Mentre le pratiche di Focus riguardano la concentrazione e la stabilità attenzionale, nella meditazione Mindfulness l'oggetto dell'attenzione viene gradualmente sostituito da un monitoraggio non reattivo del contenuto dell'esperienza; una meta-consapevolezza momento per momento di ogni pensiero, sensazione corporea e/o stato di sentimento.
Questo tipo di meditazione è particolarmente indicato per la gestione dello stress e dell’ansia, in quanto ci insegna a distanziarci non identificarci con i processi mentali, ma anche a riconoscere patterns di pensieri, emozioni e comportamenti nei quali spesso rimaniamo bloccati. La consapevolezza dei patterns è il primo passo per poterli poi cambiare e sostituire con patterns più sani.
Nonostante questo, non sempre è indicato iniziare con le meditazioni mindful in persone che soffrono di ansia cronica o depressione, perchè esiste il rischio che la mente rimanga intrappolata nei pensieri negativi e catastrofizzanti. Di solito è preferibile iniziare con pratiche di concentrazione, per cominciare a stabilizzare la mente. Solo dopo che la mente è stata stabilizzata, si può introdurre la mindfulness vera e propria.
Le pratiche di Open Heart (Cuore Aperto) implicano l'attivazione di sentimenti positivi e la direzione di questi sentimenti verso se stessi o gli altri. Pratiche come l'amorevolezza, la compassione, la gratitudine e le meditazioni basate sul perdono rientrano in questa categoria.
Poiché queste pratiche implicano una specifica focalizzazione dell'attenzione e condividono alcuni modelli di onde cerebrali con le meditazioni Focus, sono talvolta descritte come un sottocomponente delle pratiche Focus. Nonostante alcune somiglianze, le pratiche di Open Heart si distinguono da altre forme di meditazione Focus in quantomeno caratterizzate dalla generazione intenzionale di sentimenti di cura, amore e compassione.
Le pratiche a cuore aperto, dato che enfatizzano sentimenti positivi e l'empatia verso gli altri, sono potenzialmente indicate per la depressione, il dolore, la gestione della rabbia, e i problemi di relazione.
Le pratiche nella categoria “Quiet Mind meditations” rappresentano lo stereotipo della meditazione.
In realtà , questo stato meditativo di mente pacifica viene raggiunto a seguito di una serie di pratiche di tipo diverso, che possono includere ad esempio la ripetizione di mantra (come nella meditazione trascendentale), pratiche tantriche, body scans, o la concentrazione sullo spazio (tra i pensieri, tra i respiri, o lo spazio all’interno del corpo).
In questo tipo di meditazione, il chiacchiericcio mentale è ridotto al minimo, e si sperimenta una sensazione di spaziosità o di vuoto.
Non si prova attivamente a ridurre i pensieri (anche perché come approccio non funziona), ma piuttosto si lascia che l’attenzione scivoli naturalmente al di sotto della mente pensante per raggiunge una dimensione più sottile, priva di pensieri, uno stato dell’essere, al di fuori della realtà egoica.
Poiché queste pratiche comportano essenzialmente l'interruzione del "normale" processo di "autocoscienza", e il lasciare andare dei costrutti mentali. possono essere particolarmente utili per le persone che hanno una percezione distorta o imprecisa di sé, come nel caso delle psicosi e dei disturbi alimentari.
Dopo questa breve introduzione, potreste cominciare ad avere un’idea di quale potrebbe essere il tipo di meditazione giusta per voi.
In linea generale è comunque consigliabile cominciare con le meditazioni di tipo focus, proprio per stabilizzare la mente.
Se volete utilizzare un approccio più scientifico nella scelta del tipo di meditazione, vi consiglio di fare il quiz che Jeff Tarrant offre nel suo sito. Sulla base delle vostre risposte , vi viene consigliato il tipo di meditazione potenzialmente più adeguato.
Ricordiamoci comunque che ci sono molte meditazioni che racchiudono in sé più di uno stile, ad esempio meditazioni in cui si inizia con la focalizzazione della mente, seguita dalla mindfulness e magari anche da una componente di compassione e gratitudine.
La suddivisione in categorie ci serve sostanzialmente per cominciare ad orientarci nel mare di meditazioni disponibili.
Introdurre la meditazione nella nostra routine giornaliera sarà anche uno degli obiettivi del mio primo programma annuale di coaching delle abitudini dello Yoga e dell’ Ayurveda, che partirà ad ottobre 2021. Se siete interessate a saperne di più, trovate una descrizione del programma, Aligned LIFE lab, qui.
Ricordatevi che potete sempre prenotare una consultazione gratuita, se avete bisogno di consigli su come iniziare la meditazione o se volete esplorare con me la possibilità di unirvi al mio programma annuale.
Referenze
Meditation Interventions to Rewire the Brain: integrating neuroscience strategies for ADHD, Anxiety, Depression and PTSD. Jeff Tarrant, PhD